La vigilia di Natale
- WindOfMind
- 15 dic 2021
- Tempo di lettura: 3 min
Come tutte le cose che hanno un appuntamento, una puntata, una cronologia che si rispetti, arriva sempre il momento di argomentare il natale. Per noi nostalgici degli anni '90 è il momento dei film cult del periodo su tutti " Mamma ho perso l'aereo" e "Una poltrona per due". Che onestamente non vedo proprio da quegli anni li, sono stato rapito anche io dai cinepanettoni quelli fatti a modo, prima che diventassero ridondanti e senza senso.
Che tipo di disagio è il Natale? Sono cresciuto nella tipica famiglia italiana del sud dove il natale è un'istituzione o per lo meno lo era, albero, presepe, ricette, spesa, tombola e tutti annessi e connessi di noi italiani, terroni. Ma di questo periodo ricordo una cosa molto importante la consapevolezza e la coscienza di mio padre. La consapevolezza appunto, che il compleanno di Gesù, ti spinga a riflettere che tutte quel luccicare e quel ben di Dio a tavola siano frutto di sacrificio e benessere. Negli anni quando da sentire passavo ad ascoltare mio padre, mi rendevo conto che lui stesso si rendeva conto che il mondo stava cambiando che non era più un'esclusiva il 24 dicembre ma bensì una quotidianità poco originale. Gli anni passano, i pilastri vanno via. Diventi grande, inizi a lavorare e vedi la poca originalità di tutto.
Per scherzo del destino, perché bisogna avere un buon senso dell'umorismo per un determinato periodo dell'anno molto variabile devo occuparmi in maniera diretta del Natale, perché come penso voi sappiate, per lavoro mi occupo di supporti per la meccanica e il funzionamento della casa... vabbè sono commesso presso un negozio di cose per la casa, quindi da ottobre a gennaio, vedo quelle fottute palline, quei cazzo di alberi e quelle luci che non illuminano il mio spirito natalizio.
Non ci vuole molto a capire, anche per mia stessa ammissione verbale che questa consuetudine di dicembre a me proprio non piace, detto più chiaramente Odio il Natale.
Attenzione bisogna dividere il Natale dal compleanno di Gesù. Non è una questione religiosa, anzi niente di più lontano. Per lavoro vivo questo periodo in maniera commerciale, ci sta, pensa se facessi il becchino, la vivrei un po' peggio sicuramente, a livello familiare lo vivo bene, pasto caldo, visi amici tante risate, molte telefonate perché la mia famiglia va dalle Due Torri in giù, o come preferirei scrivere "dal baraccone al mare".
Come posso credere nel natale, che simboleggia la nascita, lo spirito, il dono, se nei trecento cinquantotto giorni precedenti, scappiamo?
Eh si scappiamo, perché non sappiamo stare con noi stessi, non sappiamo stare con le persone, perché siamo tutti "storie" che durano ventiquattro ore, torniamo invisibili a noi stessi, ci diamo dei termini, mettiamo dei limiti dei paletti, durante l'anno siamo canzoni cantate, poi odiate, drink, messaggi, vocali, telefonate mai fatte perché troppo orgogliosi. Perché comunichiamo non comunicando in maniera diretta, è il nostro modo tacito e libero di farci capire le cose a vicenda. Quelle cose che proprio non vogliamo ammettere, consapevoli.
Non credo nel natale proprio per questo principio, stiamo a passo con il mondo, siamo attenti al clima, ai diritti, ai moscerini, pronti al blue monday, al black friday, alle cazzate più oscene, ma non facciamo nascere nulla dentro di noi.
Abbiamo creduto alla lettera per Babbo Natale, ma adesso finisce tutto nella Lista dei desideri o nel carrello di Amazon, o di qualsiasi altro sito. Andiamo in ansia se il corriere arriva in ritardo, ci avvaliamo della presunta conoscenza di diritti del consumatore, starnazzando eventuali ripercussioni verso tutti, stiamo diventando un rimborso su una prepagata.
Ci neghiamo i nostri reali desideri, preferiamo conoscere noi stessi per sommi capi, servono le sere piovose per poi "crollare", non vogliamo avere diritti su noi stessi, postiamo principi che durano ventiquattro ore. Tutto dura un giorno, per stress, ansia, paura, non si da fiducia, non si prova, non si assaggia, non si azzarda.
Non fatemene una colpa, non credo a sette giorni di bontà e sorrisi, punto agli altri trecento cinquantotto, perché coltivare un terreno difficile è molto più soddisfacente.
In tutto questo mio scetticismo, ho chiesto anche io qualcosa per Natale, l'ho chiesta a Babbo Natale, al mondo, ma soprattutto a me stesso e non solo, tornare a crederci.
Non è un addio con il natale, non lo sarà mai. Ora c'è qualcosa da curare.
Tardelli, tranquillo un giorno correrò e urlerò come te.
A voi Buon Natale.
WoM
P.s Le canzoni che hanno accompagnato questo pezzo sono "Regali di Natale" di Venditti, e "La mia ultima storia" di Aiello.

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